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Come è nata la lingua italiana

La mia lingua italiana nasce in Moldavia.


Una nuova lingua è una voce nuova per me. Una voce nuova che può parlare e raccontare quello che c'è con sobrietà.

Era una lingua straniera per me, quindi un nuovo modo di essere, con una voce che nessuno, nemmeno io, conoscevo. Ero liberata da me stessa, di nuovo.

Ho sempre trovato difficile dire la vita nella mia propria lingua, perché fa troppo male. La forza della verità fa male quando suona cosi forte che ti circonda, che sei sommerso, senza uscita.


Era un ufficio piccolo quello degli italiani arrivati a Chisinau, nel paese dove il minimo che ci pagavano era 200 EUR al mese, per farsi strada sul mercato ma anche fuori dalla loro vita andata storto, li nel paese che inghiottiva tutte le mamme Moldave.


L'insegnante era un professore universitario quale, per farsi anche lui una sua strada, faceva lezioni con persone private e con i dipendenti delle aziende multinationale. La nostra azienda, creata qualche settimana fa, era composta da 3 persone : due software developer e io che parlavo con i clienti.

Ho imparato questa lingua perché sono stata forzata dalle circostanze. Se avevo creato io queste circostanze - me lo chiedo spesso. Avevo lasciato l'università (la seconda) e sono andata a cercare lavoro, perché lo dovevo fare.

Una forzatura positiva? Non lo so, sempre una forzatura è, una apertura verso il niente.


Ci sono stati dei giorni quando l'unica cosa da mangiare sono stati i celebri biscotti Abbracci, portati dall'Italia dal manager. Avevo cosi tanta fame che ho mangiato quasi tutti i biscotti durante l'weekend. Era meglio stare sull'isola Italiana a lavorare e studiare che fuori, in Moldavia. Quando sono tornati i colleghi mi chiedevano, mah! dove sono i biscotti?

Questi biscotti avevano un gusto cosi diverso, il gusto della libertà di scelta, sorrisi e abbracci. Volevo riempirmi di Abbracci.


Intorno a me regnava la solitude, suoni che non volevo sentire, facce che non volevo vedere, una mentalità che mi era straniera. Uscivo per strada e camminavo verso casa, vedevo i bambini a giocare, i loro genitori camminavano con le teste abbassate, i trolleybus incamminati sui loro percorsi ben precisi. Volevo anche io essere un trolleybus comunista, sapere sempre dove andare, da dove tornare.


Il professore ci ha insegnato la grammatica, la declinazione dei verbi in tutti i casi, pronomi e colori. Il resto era compito nostro.

Avevo cosi tanta fame di riempirmi con parole straniere, con significati diversi, con un mondo diverso, che dopo qualche mese ero li al telefono con i clienti facendo finta di parlare italiano.

Stavo facendo suoni stranieri, uscivano dalla gola, mi veniva a volte di coprire la bocca e spingerle indietro. Uscivano comunque difficilmente perché non ero sicura affatto se avevo detto una cosa sensata o forse una cazzata ma ...lo devo fare. Mi sentivo come un'attrice che ha completamente dimenticato la sua parte ma deve comunique continuare, il pubblico sta li davanti e sta aspettando.


Il professore era sorpreso della mia fame di lingua, ma lui aveva sempre un'espressione sulla faccia che diceva : Che c'è?


Era, spero che sia ancora, un uomo buono, con un amore grande per la lingua e la cultura che insegnava, la sua professione, e prendeva in giro quelli che pensavano di parlare l'Italiano dopo che sono stati in Italia d'estate a lavare il culo di qualche nonna o i piatti, da qualche parte.

O quelle donne che si mettoni con degli uomini Italiani sbarcati in Moldavia di solito obesi, dopo un divorzio, con uno o due bambini e una santa mamma da obedire. O quelle con un pò più sangue borghese nelle vene che piacciono a loro perchè cosi docile. Queste donne parlano la loro lingua Italiana.


Il professore le odiava.


Ci sono tante lingue Italiane in Moldavia e gli Abbracci sono solo dei biscotti a 4 EUR il pacchetto. Ora lo so.





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